Nei prossimi 20 anni saranno all’incirca sei milioni gli over 65 soli e a rischio d’isolamento. Ma c’è di che agire già oggi: le demenze sono uno dei principali fattori che fanno perdere l’autonomia agli anziani ma il 64% delle persone che ne soffre non viene preso in carico in una struttura sociosanitaria, con un onere fortissimo per milioni di famiglie. Senza contare che dove c’è meno assistenza domiciliare aumentano gli accessi al pronto soccorso e i ricoveri inappropriati e, dunque, la spesa a carico del servizio sanitario. È quanto emerge dall’Indagine con cui Italia ha fotografato l’andamento della “Long-term care” nel nostro Paese, cioè l’offerta di assistenza territoriale ai fragili.
Il report è stato presentato ieri al ministero della Salute nel corso della nona edizione degli Stati generali dell’assistenza a lungo termine – Long-Term Care Nine, l’appuntamento annuale di Italia Longeva che riunisce operatori e associazioni impegnate nell’assistenza agli anziani. L’indagine mostra che il bisogno di assistenza domiciliare agli anziani è enorme: nonostante siano in crescita (dai 252mila del 2014 ai quasi 550mila del 2023) gli over 65 che beneficiano di cure a casa sono ancora meno del 4% della platea complessiva. Cui si aggiunge un altro 2,88% di ultra65enni (404.235 persone) che nell’ultimo anno ha ricevuto cure residenziali (Rsa).
È dunque prioritaria un’accelerazione dell’offerta di servizi Adi e Rsa, per evitare che la mancata gestione dell’invecchiamento diventi la vera malattia del Paese: aumento del carico di cronicità, disabilità e non autosufficienza., infatti, amplificano i bisogni di salute in un contesto in cui le reti familiari tendono ad assottigliarsi.
«Leggiamo con cauto ottimismo i numeri sull’Adi forniti dalle Regioni» ha commentato Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva «l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie correlate (diabete, patologie cardiovascolari, demenze) ci impongono di premere sull’acceleratore per potenziare e rendere più omogenea l’assistenza territoriale. Continuiamo a concentrarci sull’Adi perché siamo convinti che sia l’unica risposta possibile di un servizio sanitario in grado di affrontare e non di subire l’assistenza agli anziani. Pensiamo agli accessi in pronto soccorso e ai ricoveri inappropriati, ma anche alla necessità di garantire la messa in sicurezza dei pazienti fragili che vengono dimessi dall’ospedale, soprattutto di coloro che sono privi di un supporto familiare».
A tal proposito, riporta ancora Italia Longeva, si stimano in circa 600mila le giornate di degenza inappropriate all’anno per gli over 70 (fonte Agenas su dati Sdo 2019), solo per la gestione di cronicità come diabete e ipertensione, che contribuiscono al sovraffollamento degli ospedali e all’aumento delle liste d’attesa, nonché al fenomeno delle dimissioni tardive per mancata disponibilità di presa in carico sul territorio. «Potenziare i servizi di Long-term care, in particolare le cure domiciliari» ha detto ancora Bernabei «significa costruire un ponte tra ospedale e casa, e dare finalmente un’assistenza congrua ai nostri anziani».
«L’Italia sta facendo dei passi in avanti nell’organizzazione e nell’offerta dei servizi di Adi e Rsa, che rappresentano le due componenti cruciali di una risposta sanitaria coerente alle esigenze degli anziani più fragili» ha detto nel suo intervento Davide Vetrano, geriatra ed epidemiologo, consulente scientifico di Italia Longeva «il panorama delle cure domiciliari resta però estremamente variegato: Molise, Abruzzo, Basilicata, Toscana e Umbria sono quelle che fanno meglio, con tassi di copertura di Adi superiori al 4,5%. Per quanto riguarda le cure residenziali, sono poco più di 400mila gli over 65 che ne hanno beneficiato nell’ultimo anno, ancora una volta con una distribuzione a macchia di leopardo: tassi di residenzialità più elevati si registrano nelle regioni del Nord – provincia autonoma di Trento (9,9%), Veneto (5,9%), Piemonte (5,4%), Lombardia (4,6%) e pa di Bolzano (4,3%) – e sono per lo più correlati alle peculiari caratteristiche del tessuto sociale».
In questo contesto le farmacie possono fornire un contributo decisivo grazie alla loro prossimità, come ha ricordato nel suo intervento la presidente di Federfarma Lombardia, Annarosa Racca. Lo confermano i dati della recente ricerca che The European House-Ambrosetti ha presentato a Milano in occasione del convegno dell’Unione regionale sulla farmacia dei servizi: l’82% dei lombardi esprime fiducia nei confronti del proprio farmacista (più che verso il medico di famiglia, 80%), otto su dieci hanno una farmacia di riferimento e la vicinanza – assieme alla professionalità – sono i due criteri che determinano l’esercizio cui rivolgersi. «Vaccinazioni e tamponi» ha ricordato Racca «sono i due servizi che hanno generato la domanda maggiore, ora le farmacie sono pronte a dare nuove risposte ai bisogni degli assistiti con telemedicina e ricognizione farmaceutica».